Maestri e maestre in Italia dalla fine dell’Antico Regime alla salita al potere del Fascismo. Nascita e sviluppo di una professione.
DOI:
https://doi.org/10.5944/hme.1.2015.12817Parole chiave:
Maestri, Maestre, Formazione degli insegnanti, Associazionismo, Scuola elementare, ItaliaAbstract
L’articolo esamina il lento processo di professionalizzazione dei maestri elementari, a partire dalla frammentaria realtà educativa dell’antico regime sino all’affermarsi di un corpo insegnante fornito di una specifica preparazione e di un’identità collettiva. Un ruolo importante ebbe in questo processo lo Stato italiano, che si preoccupò di riqualificare gli insegnanti e preparare nuove leve all’altezza dell’impegnativo compito di combattere gli elevati livelli di analfabetismo e di favorire l’adesione del popolo ai valori su cui esso si fondava. La professione restava tuttavia poco pagata e precaria: anche per questo vi accorsero numerose le donne, le quali vi trovavano un’occupazione dignitosa e considerata adatto alla natura femminile, anche se l’ arrivo di ragazze sole nei piccoli paesi sfociò talora in persecuzioni che trovarono eco nella stampa e nella letteratura. L’innalzamento del livello culturale dei maestri rese più insopportabile la contraddizione tra l’esaltazione retorica del ruolo insegnante e le condizioni concrete della professione, e favorì il maturare di una coscienza di classe, cui contribuì anche la stampa magistrale. Nel nuovo secolo si sviluppò un associazionismo sempre più combattivo, che ottenne significativi risultati ma fu minato dalle profonde divisioni all’interno della categoria, tra maschi e femmine, maestri urbani e rurali, cattolici e laici.
La contrapposizione al governo, sopita durante la guerra, si riaccese nel dopoguerra sino allo sciopero del 1919. Accusati di esprimere interessi corporativi e di trascurare gli interessi della scuola, gli insegnanti furono riportati all’ordine dalla riforma Gentile, tra i primi atti del Fascismo al potere.
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